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dal nostro inviato Vincenzo Del Giudice

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25 maggio 2009


Fa una certa impressione vedere un bastone di legno di grosse dimensioni che prende fuoco al primo contatto con il "concentratore". E il concentratore, creatura di un pool di scienziati guidati da Antonio Miotello è l'ultimo riuscito tentativo di superare la barriera dei pannelli fotovoltaici che hanno un rendimento ridotto (circa 10%) e costi elevati.
Ma per adesso, a farla da padrone, è ancora il caro vecchio fotovoltaico che in 50 anni di esistenza da un punto di vista tecnologico, come dicono alla facoltà di Fisica di Trento, non ha fatto un passo avanti, per i troppi interessi che andrebbe a intaccare. E allora, via all'impianto di pannelli fotovoltaici che verrà installato sull'Adamello, a oltre 3mila metri di quota. Mentre a valle, nei giardini dell'Università, Antonio Miotello, il fisico che ha lavorato anche con il premio Nobel Rubbia, da un lato seguirà passo passo il progetto Adamello e dall'altro vedrà crescere la sua creatura a cui tiene di più: il "concentratore".
Ma come immagazzinare l'energia solare raccolta? «Le attuali batterie al piombo sono di scarsa efficienza – afferma Miotello – meglio vanno quelle al litio, ma sia per le prime che per le seconde non mancano importanti problemi. Il piombo è un elemento particolarmente nocivo e presenta seri problemi di smaltimento delle batterie e proprio questo aspetto sta producendo un aumento dei costi; per il litio il problema è legato al limitato numero di siti di estrazione/produzione».
«Oggi – aggiunge il professore ordinario di Fisica all'Università di Trento – si sta sviluppando la tecnologia dell'idrogeno per l'immagazzinamento dell'energia. Un chilogrammo di combustibile idrogeno produce tre volte di più dell'energia prodotta da un chilo di benzina e, a differenza di questa e dei combustibili fossili, non inquina quando viene "bruciato" nelle celle a combustibile. Per l'idrogeno vanno, tuttavia, affrontati problemi legati alla efficienza per la sua produzione e per il suo immagazzinamento. La sfida ha dimensioni internazionali e la corsa è partita da alcuni anni. Per la produzione di idrogeno si stanno mettendo a punto materiali fotocatalizzatori in grado di dissociare l'acqua per produrre idrogeno quando sono irraggiati dal sole e a contatto con l'acqua». Secondo Miotello «paraboloidi a specchio, perfetti e di grandi dimensioni possono essere realizzati con alta tecnologia, ma i costi sono proibitivi». Nelle applicazioni di tipo centrale di Archimede gli specchi piani vengono "piegati" a forma di parabola in una dimensione. «Il nostro scopo – aggiunge lo scienziato – era realizzare uno specchio parabolico, il concentratore, (doppia curvatura) altamente riflettente, con basse aberrazioni (e quindi ad alta concentrazione), utilizzando materiali a basso costo. Alla fine, applicando tecnologie a noi note, siamo riusciti a "piegare" specchi argentati piani di 0.8 mm di spessore e di ampia superficie a forma di sezione di paraboloide ed integrarli su di un leggero supporto in un unico processo».
Gli specchi così realizzati hanno mostrato ottime caratteristiche ottiche di concentrazione e la tecnologia messa punto è ora coperta da brevetto internazionale. I risultati del brevetto sono stati acquisiti da Gruppo Trentino Servizi, Consorzio Lavoro e Ambiente e Marangoni Meccanica spa che hanno costituito la società Solartrento con lo scopo di industrializzare il concentratore. realizzando accoppiamenti a motori termodinamici e celle fotovoltaiche ad alto rendimento.
Ma se la teoria fa passi da gigante, la pratica comincia a muoversi, così ad Isera, piccolo comune a due passi da Trento, è stato installato il primo impianto in Italia dove l'energia solare viene immagazzinata producendo idrogeno tramite elettrolizzatore. Che darà energia ad una scuola materna costruita secondo le regole della domotica.
vincenzo.delgiudice@ilsole24ore.com

25 maggio 2009
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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